Abstract
In questo saggio viene analizzata la relazione tra le parole e la musica in un brano dei Genesis, Stagnation, comparso in uno dei primi album di progressive rock, Trespass. Rifacendosi alle teorie semiotiche sviluppate da Umberto Eco nel Lector in fabula, il saggio cerca di individuare la “intentio operis” del testo analizzato. La prima parte del saggio si concentra sulle parole di Trespass, riconducendone la coerenza alla loro relazione con le opposizioni “trasgressore vs repressore” e “stabile vs instabile”. La seconda parte del saggio, attraverso un’analisi di Stagnation, ipotizza che la sua ‘intentio operis’ sia coerente con quella dell’intero album, nella quale convergono diverse intenzioni tra loro compatibili, tipiche del progressive rock, tra le quali quelle di far vivere all’ascoltatore modello un’esperienza estetica e di valorizzare l’esperienza di un instabile “progressive passerby” che compie un “trespass” rispetto a una “straight line”.
Abstract
This essay analyzes the relationships between the lyrics and the music in Stagnation, published by the British group Genesis in one of the first album in the story of progressive rock, Trespass. According to the semiotic theories developed by Umperto Eco in his essay The role of the reader, this paper tries to show the “intentio operis” of the analyzed text. The first part focuses on Trespass’s lyrics, considering the relationship between their coherence and the oppositions “trespasser vs represser” and “stable vs unstable”. In the second part, a semiotic analysis of Stagnation hypothesizes that its “intentio operis” is coherent with Trespass’s “intentio operis”: it consists in many intentions, shared with other progressive rock albums, which asked their listeners to live an aesthetic experience and to appreciate the experience of an unstable and progressive passerby who strives beyond stagnation, trespasses and does not “keep on a straight line”.
In questo saggio verrà analizzata la relazione tra le parole e la musica in un brano dei Genesis, Stagnation, comparso nel loro album Trespass.
Questa analisi cercherà di individuare nel testo considerato ciò che Umberto Eco (1979, 1990) chiama ‘intentio operis’, che può non coincidere con l’intenzione dell’ ‘autore empirico’, cioè del soggetto in carne e ossa che ha ideato tale testo, ma che consiste invece in una serie di inviti che l’ ‘autore modello’ (inferibile analizzando la relazione del testo con i codici culturali[2] da questo implicati) rivolge al proprio ‘fruitore modello’.
Il 12 dicembre 1970 il Melody Maker pubblica questo messaggio:
Imaginative guitarist/writer seeks involvement with receptive musicians, determined to strive beyond existing stagnant music forms - Steve 730 2445.
Pochi giorni dopo Steve viene invitato dal cantante di un gruppo che ha già al suo attivo due album ad assistere al loro concerto al Lyceum Theatre di Londra del 28 dicembre; il 14 gennaio del 1971 si presenta per la prima volta sul palco come loro nuovo chitarrista.
Come molti lettori probabilmente già sapevano, il messaggio è stato scritto da Steve Hackett e il gruppo è quello dei Genesis.[3]
Concentriamoci sulla formula usata da Hackett, “to strive beyond existing stagnant music forms”: forse Peter Gabriel, che nel 1970 aveva realizzato insieme ai Genesis il loro secondo album ponendovi il titolo Trespass (cfr. tab. 1) e intitolando un suo brano Stagnation, ha deciso di rispondere all’annuncio sentendosi in sintonia con la dichiarazione di intenti esposta in tali termini.
Sulla base di questa ipotesi, affronterò la relazione tra lo “striving beyond existing stagnation” espresso come componente della propria poetica da Steve Hackett e la ‘intentio operis’ della summenzionata Stagnation. E’ necessario però prima considerare le parole cantate nell’album nel quale questa canzone è stata pubblicata.
Una delle prime recensioni di Trespass scritte poco dopo la sua uscita si apre sostenendo che “this is something of a concept album” e dopo poco aggiunge che “a lyric sheet aids one’s enjoyment and comprehension of the theme”.[4]
Se ci si domanda però quale sia il “theme”, il “topic”[5] che rende Trespass un concept album, la risposta è tutt’altro che immediata. Si potrebbe rispondere che il tema di quest’album viene espresso dal suo titolo, che compare due volte nella “lyric sheet” della sua prima edizione:
Nei testi di White Mountain e di The Knife gioca indubbiamente un ruolo cruciale l’opposizione ‘trasgressore vs repressore’, ma in altri brani dell’album l’opposizione più significativa è un’altra, ad essa complementare, ‘instabile vs stabile’.
Tutto ciò si può allora sintetizzare nell’ipotesi che uno dei fattori che ha determinato che Trespass risultasse un concept album è la presenza nei sui testi di una isotopia[6] corrispondente al quadrato semiotico[7] formato dai termini ‘trasgressore’, ‘repressore’, ‘stabile’ e ‘instabile’ (cfr. fig. 1).
Vediamo allora come questa isotopia si presenta nella successione dei testi dell’album.
Trespass inizia ex abrupto con le parole del titolo della sua prima canzone, “Looking for someone”: il narratore autobiografico, nell’oscurità e nell’incertezza nella quale si trova, manifesta la propria instabilità cercando il contatto con l’altro. Subito dopo egli dichiara di non poter “keep on a straight line”, posizione subito ribadita caratterizzandosi in una condizione spesso legata alla figura del Wanderer,[8] quella dell’andare contro vento (“Chilly wind you’re piercing like a dagger[9]– it hurts me so”).
La prima strofa si chiude riproponendo e precisando alcune caratteristiche del narratore[10] emerse nei primi versi: questi si presenta come un soggetto che
Nella seconda strofa il narratore aggiunge altri elementi alla propria presentazione, senza introdurre particolari cambiamenti, dichiarando di avere un unico amico, che non gli rivelerà mai il punto di arrivo del suo vagare (“the only friend I know / will never tell me where I go”)[11] In questa stessa strofa, nelle parole “lost in a subway” compare un altro tema che ricorre più volte in Trespass: il discendere e/o il sostare in luoghi collocati in basso rispetto a un punto di riferimento, attività compiuta, ad esempio, dal protagonista di White Mountain, per il quale “descent was the only escape”, dal dedicatario di Stagnation, che “was wise enough to spend all his fortunes in burying himself many miles beneath the ground”, dal narratore di tale canzone, che verso la sua conclusione dice “I want to sit down”, e dal narratore di Dusk, che afferma “now my ship is sinking”. Dato che assai spesso in quest’album a tale attività segue un’ascesa che culmina in un punto più alto di quello di partenza della discesa iniziale, sintetizzeremo l’insieme di tali attività indicandole con la formula ‘motivo per infera ad astra’.
La conclusione della canzone vede una trasformazione del narratore, che passa dal tentativo di compiere un ritrovamento, espresso dalle parole della prima strofa “trying to find a memory” e “trying to find a needle in a hay stack”, all’affermazione “and now I’ve found myself a name”. Accanto a questo, vi sono altri cambiamenti rispetto ai versi precedenti: dopo un ampio uso del gerundio, assai adatto per presentare l’incompiutezza delle azioni enunciate nel momento in cui vengono eseguite, in questo finale si trovano l’uno dopo l’altro un participio passato (“gone away”), un imperativo (“leave me”) e due verbi al futuro (“all that I have I will give (…) all that I am I will give”): il narratore dunque prende coscienza della propria condizione di viandante instabile, che ha modificato il proprio stato rispetto al passato andandosene da dove si trovava, e che intende trasformarsi ulteriormente chiedendo di essere abbandonato da chi gli sta vicino e ripromettendosi di non tenere per sé tutto ciò che egli ha e tutto ciò che egli è. Appena terminata la parte cantata che intona queste ultime parole di Looking For Someone, si presenta un motivo strumentale che nel corso di tale brano non si era mai sentito prima, il cui ritmo marziale e il cui andamento armonico (una triade minore in battere seguita da una settima diminuita posta un semitono sotto nella quarta e ultima pulsazione della battuta e dal ritorno a tale triade minore nel battere della battuta successiva) sono assai simili a quelli dell’incipit dell’introduzione strumentale del primo lied di Winterreise, Gute Nacht (cfr. es. 1);[12] anche le vicende nelle quali si collocano tali motivi strumentali sono simili: se quello dei Genesis è posto poco dopo il canto delle parole “gone away, leave me”, quello schubertiano introduce le parole “Fremd bin ich eingezogen, / Fremd zieh’ ich wieder aus”.
L’inizio del secondo brano, White Mountain, presenta numerosi mutamenti rispetto alla canzone precedente: temporalmente, il presente viene sostituito dal passato e spazialmente si passa dall’ambiente urbano a quello extraurbano; ma soprattutto non troviamo più il narratore come soggetto degli enunciati. La principale continuità è invece fornita dal permanere di un riferimento all’opposizione ‘stabile vs instabile’: i primi due versi sono all’insegna della stabilità (“Thin hung the web like a trap in a cage”) e della stasi (”The fox lay asleep in his lair”), alle quali si oppongono l’instabilità e il movimento delle “frantic paws” presentate nel terzo verso. Immediatamente dopo viene reintrodotto il tema del ‘trespass’, dapprima implicato dalla parola “sin” e poi esplicitato nel verso “Outcast he trespassed where no wolf may tread”, dove il termine “outcast” accosta l’isolamento del narratore di Looking For Someone a quello del trasgressore descritto in questa canzone.
Il suo nome, Fang, e quello del suo antagonista, One-eye[13], sono tratti dal racconto di Jack London White Fang[14], anche se la vicenda narrata non coincide con nessun episodio del libro: in quest’ultimo, le pagine che presentano maggiori somiglianze col testo della canzone si trovano nel primo capitolo della seconda parte, “The Battle of the Fangs”, nel quale il vecchio lupo guercio One Eye si batte contro due più giovani rivali per rimanere l’unico compagno della lupa desiderata: One Eye dapprima uccide, con l’aiuto del rivale meno giovane (del quale non viene indicato il nome) il rivale più giovane (anche questo senza nome), un lupacchiotto di tre anni che in precedenza si era fatto “too ambitious in his fierceness” e “ripped his ear into ribbons” (Sinclair 1981: 205); subito dopo, il lupo guercio, vedendo l’altro giovane rivale leccarsi una ferita sulla spalla lasciando scoperta l’incurvatura del collo, ne approfitta per spezzargli la gola con un morso, uccidendolo. Nella vicenda cantata da Gabriel, One-eye uccide un solo lupo più giovane, Fang[15], non per il possesso di una lupa, ma per reprimere la sua trasgressione.
A partire dal quinto verso di White Mountain, Fang viene descritto come una sorta di prometeico super-lupo nietzschiano, proiettando nei suoi confronti numerosi motivi che caratterizzano i trasgressori nei testi mitologici, avvicinandolo alle figure del visitatore degli inferi (“he trespassed where no wolf may tread / The last sacred haunt of the dead”), dello scopritore di segreti esoterici (“He learnt of a truth which only one wolf may know”) e del violatore di tesori dotati di poteri speciali (“The sceptre and crown of the king”).
Esaurita tale presentazione, l’antagonista One-eye viene caratterizzato come una figura sanguinaria (“howling for blood”), che oppone all’isolamento di Fang il proprio essere alla testa di un branco (“One-eye leads on the pack”) mentre viene a questi accomunato dall’essere anch’egli in continuo movimento (“Plunging through forests and snow-storms”).
La seconda strofa in un primo tempo fornisce alcune ulteriori precisazioni sui due personaggi presentati dalla prima strofa: alle vicende di Fang vengono attribuite numerose caratteristiche della Winterreise del Wanderer,[16] alle prese con vette scoscese (“steep rose the ridge”), cime spettrali volte verso il cielo (“ghostly peaks climbed the sky”) e ghiacciai (“jungles of ice”); tutto ciò aumenta la somiglianza di questo lupo col narratore-viandante di Looking For Someone, proiettando la presentazione in chiave positiva di quest’ultimo su tale personaggio. Per quanto invece concerne il suo antagonista, coerentemente con la sua precedente descrizione come personaggio sanguinario, viene ora presentato come “hard on his rail” e come un “old hero conquered by none”, dove tale vecchiezza, essendo collocata nel contesto di un album di rock, tende a fargli assumere un carattere negativo. Simultaneamente, comunque, l’inserimento della frase “One-eye drew from the pack” gli attribuisce un’altra condizione comune a Fang oltre al continuo movimento, la solitudine.
Quindi si comincia a prefigurare un conflitto titanico in cui nessun contendente è intenzionato a fuggire (“A wolf never flees in the face of his foe”) e nel quale “Fang knew the price he would pay”, soffermandosi sull’istante nel quale il repressore sta per assestare il colpo mortale al trasgressore (“One-eye stood before him / With the crown upon his head / Sceptre raised to deal the deadly blow”).
La terza e ultima strofa si apre con un cambiamento di enunciatore: al posto del narratore autobiografico, prendono la parola i componenti del “pack”, che si pongono come antagonisti di Fang[17] presentandolo come un traditore (“Fang, Son of Great Fang, the Traitor we seek”) e proclamando in nome delle “laws of the Brethren” da questi violate la sua condanna a morte: delle sue trasgressioni precedentemente esplicitate, qui ci si sofferma sulla sua violazione di un segreto esoterico, aggiungendo che la corona vista da Fang è “the Crown of the Gods”, alludendo così per la prima volta nelle parole di Trespass alla figura divina, che in questo album assai spesso esemplifica il polo della stabilità.
White Mountain termina descrivendo tre momenti della conclusione della vicenda narrata: dapprima ci si concentra su Fang nel momento in cui instabilmente “Snarling he tore at the throat of his foe”;[18] poi dall’instabilità si passa alla stabilità raccontando che “Dawn saw the white mountain tinted with red” e che dopo la repressione del trasgressore “Never would the crown leave again”. Infine ci si concentra sul completamento del ripristino dello status quo turbato dalle trasgressioni di Fang, ripristino che One-eye compie nascondendo il tesoro esoterico, sostituendolo con un simulacro (“One-eye hid the crown and with the laurel on his head”) e abbandonando lo stato di solitudine e di instabilità che provvisoriamente lo aveva accomunato al trasgressore (“Returned amongst the tribe and dwelt in peace”).
Il terzo brano di Trespass, Visions Of Angels, è dotato di una maggiore continuità con la canzone di apertura dell’album piuttosto che col suo secondo brano:[19] innanzitutto il titolo, Looking For Someone, che, come abbiamo visto, costituisce l’incipit dell’album, viene ricordato dalla forma verbale che apre il primo verso (“standing”), dall’inizio del secondo verso (“looking at the trees”) e dalla sua conclusione (“there’s not even one”). In secondo luogo, le prime parole, “Standing in a forest gazing in the sun looking at the trees”, riecheggiano il verso “you see the sunlight through the trees” presente nella prima strofa di Looking For Someone. Successivamente, gli enunciati tornano a essere, come nel primo brano, in prima persona e al presente, e non, come White Mountain, in terza persona e al passato. Ciò che comunque soprattutto accomuna le due canzoni, facendo così sentire una coincidenza tra i loro narratori, è la presenza in entrambe del tema della quest,[20] rispetto alla quale, mentre il narratore di Looking For Someone si sentiva incerto sulla propria capacità di trovare ciò di cui era in cerca, Visions Of Angels si apre con tre narrazioni di desideri insoddisfatti: nei primi due versi al centro dell’attenzione è il desiderio di trovare un albero ma “there’s not even one”, nella coppia di versi successivi ci si sposta sul desiderio di sentire il conforto dell’acqua, ma “the water’s dry”, mentre nei due versi seguenti il narratore corre per prendere la mano di un personaggio femminile, ma “she’s never there”.
Non mancano comunque punti di somiglianza anche con la canzone precedente: innanzitutto, si ripropone la stabilità con la quale si chiudeva White Mountain cominciando con la parola “standing” e concentrandosi poi su un’attività non di movimento, ma di contemplazione visiva (“gazing”, “looking at”); l’elemento di maggiore affinità tra i due brani è però costituito dalla loro collocazione spaziale extraurbana, sottolineata dalla compresenza della parola “forest”, nel primo verso di Visions Of Angels e nell’ultimo verso della prima strofa di White Mountain: aderendo ancora una volta alla tradizione della narrazione della Wanderung, in Trespass, dopo un inizio nel quale il narratore si trova in un ambiente urbano, lo si sente poi allontanarsi dalla città e inoltrarsi nel mondo della natura.[21]
Accanto a tali continuità con i brani precedenti, nella prima strofa di Visions Of Angels vengono anche introdotti alcuni contenuti in essi assenti, ancora una volta strettamente connessi con la figura del Wanderer:
Nella seconda strofa, il tema dell’instabilità e quello, ad esso strettamente legato, della caducità prendono il sopravvento, applicandosi soprattutto all’amore vissuto dal narratore (“As the leaves will crumble[23] so will fall my love”) e alla vita umana (“the fragile beauty of our lives must fade”); l’opposizione di questa dimensione con quella della stabilità degli esseri infiniti viene poi sottolineata con le parole “in vengeance to a god no-one can reach”.
Infine nella terza strofa la dimensione apocalittica evocata nella prima strofa viene sviluppata annunciando che il mondo sta cominciando un processo che lo porterà dalla sua instabilità alla stabilità della glaciazione totale[24] (“Ice is moving and the world's begun to freeze”), processo caratterizzato dalla prevalenza del vento, già presentato in Looking For Someone come antagonista del narratore, sul sole (“see the sunlight stopped and deadened by the breeze”), che è un suo aiutante nel primo e nel terzo brano di Trespass. Questo scenario porta allora a reintrodurre il tema della relazione tra l’instabilità della vita umana e la stabilità di quella divina, affrontato con un approccio nietzscheiano opponendo a coloro che “believe that when they die they really live” l’opinione (introdotta da un “I believe” che riecheggia l’ “I don’t believe I can” di Looking For Someone) che il corso degli eventi non sia diretto verso un fine (“there never is an end”)[25] e che “God gave up this world its people long ago”.[26]
Terminata la prima facciata con Visions Of Angels, la seconda si apre con Stagnation, il cui testo verrà analizzato più avanti considerando la sua relazione con la musica corrispondente: per il momento ci limiteremo a rilevare che in questa canzone si presenta un narratore simile a quello di Looking For Someone e Visions Of Angels, che dapprima, in una condizione di stasi, medita contemplando sinestesicamente il tramonto, poi si pone in attesa e infine esprime energicamente ed entusiasticamente il proprio desiderio di bere dell’acqua, per scrollarsi di dosso il passato, accingersi a sorridere e mettersi in movimento.
Il secondo brano della seconda facciata è Dusk, dove ricompaiono molti temi esposti nelle canzoni precedenti, introducendo, come nelle ultime sezioni di Stagnation, un barlume di speranza per il futuro.
Si comincia riprendendo l’imperativo “see” che si trovava due volte in Visions Of Angels e attirando l’attenzione sull’instabilità del movimento della mano del narratore nell’atto di toccare la realtà circostante (“See my hand is moving / touching all that’s real”); quindi, si ripropone il tema della perdita dell’amata già comparso in Visions Of Angels, opponendo le carezze una volta fatte al corpo amato (“once it stroked love’s body”) ai graffi ora inferti al passato (“now it claws the past”). Sempre da Visions Of Angels si riprende poi l’attenzione a una serie di fenomeni destinati alla caducità (“The scent of a flower, / The colours of the morning, / Friends to believe in, / Tears soon forgotten”); al termine della prima strofa, comunque, recuperando da Stagnation il riferimento a elementi acquatici come agenti capaci di allontanare residui del passato, si tende a distogliere l’attenzione dalle sofferenze precedenti e a concentrarsi sull’apertura di un nuovo ciclo, giorno dopo giorno (“see how the rain drives away, another day”).
Nella seconda strofa ci si torna a concentrare su due oggetti sottratti ai desideri del narratore nella prima strofa di Visions Of Angels, l’albero e la fonte d’acqua, ponendo due domande che invitano a non limitarsi alla percezione di fenomeni di caducità ad essi legati, ma a tener conto che insieme ad essi è presente una dimensione di stabilità: l’albero mantiene stabile la propria vita nonostante l’instabilità delle sue foglie (“If a leaf has fallen / does the tree lie broken?”), e la fonte d’acqua non si rinsecchisce nonostante le venga sottratta parte del suo contenuto (“if we draw some water / does the well run dry?”). Si prosegue tornando a riflettere sull’amore, dapprima elencando alcune espressioni sonore di emozioni disforiche ad esso legate (“The sigh of a mother, / The screaming of lovers,”) e poi, continuando a concentrarsi sulla caducità di tale esperienza, con una similitudine tra il conflitto tra gli amanti che “tear at each other” e quello di “two angry tigers” che richiama la narrazione dello scontro tra una coppia di belve svolta in White Mountain. Dopo questa sezione dominata dalla disforia, l’ultimo verso della seconda strofa, analogamente a quello che chiudeva la prima strofa, accenna all’abbandono del passato, invitando a considerare che possano essere caduche non solo le esperienze positive, ma anche le “lifetime’s fears”.
Come in Visions Of Angels, anche in Dusk, dopo l’amore per la natura e quello tra esseri umani, l’attenzione si concentra sulla dimensione religiosa, in questo caso evocando all’inizio della terza e ultima strofa l’episodio biblico nel quale, quando “Jesus suffered”, “Heaven could not see him”; questo episodio viene accostato alla condizione del narratore, rappresentata dalle metafore della nave destinata a naufragare col solo capitano a bordo (“And now my ship is sinking, / The captain stands alone”) e del pedone nella scacchiera di Dio destinato a essere vittima di una sua mossa falsa (“A pawn on a chessboard, / A false move by God will now destroy me”). Anche in questo caso, comunque, dopo una sezione decisamente disforica concentrata sulla relazione tra il presente e il passato, viene introdotta una speranza per il futuro: nel terzultimo e nel penultimo verso, a partire da un cruciale “but”, si invita ad attendere, dopo la discesa del crepuscolo evocato dal titolo del brano, “a new dawn” che “seems to be rising”.
Infine, nell’ultimo verso il brano viene suggellato dalle parole che riassumono più sinteticamente la condizione del suo narratore e dei narratori delle altre canzoni dell’album, come se il “name” trovato alla fine di Looking For Someone, evocato da numerosissime allusioni all’immaginario ad esso legato, ma ancora mai pronunciato, venisse finalmente svelato: “passerby, born to die”.
Nell’ultimo brano di Trespass, The Knife, l’enunciazione messa in scena è molto diversa da quella dei brani precedenti dell’album: se in White Mountain il narratore racconta di Fang e One-eye e se nelle altre canzoni questi medita sulle proprie vicende, in questo caso, per gran parte, le parole cantate sono una veemente arringa di un leader al gruppo da questi comandato, interpolata verso la fine dalla reazione corale di tali seguaci alla quale si aggiunge per un breve momento il commento e il comando del leader del gruppo a questo opposto.
Non mancano comunque elementi di continuità con le canzoni che la precedono, soprattutto con White Mountain: come in quel caso, al centro della canzone è il conflitto tra trasgressori e repressori; ma, mentre in White Mountain il trasgressore aveva molte caratteristiche del viandante mitologico e di quello romantico, tra le quali quella di essere in conflitto con la propria comunità e con il suo leader, in The Knife il trasgressore è il leader del gruppo da lui arringato ed è dotato, come i seguaci ai quali si rivolge, del titanismo arrogante (e, direbbe Pete Sinfield, schizoide) del fondamentalista convinto di essere l’unico portatore della verità, della giustizia e del bene, e dunque certo che sia lodevole battersi fino alla morte per i propri valori e non “forgive those who trespass” nei propri confronti.
In questo scenario, nella prima strofa della canzone l’arringatore inizia esortando i propri seguaci a considerarlo come un eroe (risultando in questo simile allo “hero” One-eye) e a mettere in atto tutta la loro violenza e ira (“Tell me my life is about to begin / Tell me that I am a hero, / Promise me all of your violent dreams / Light up your body with anger”). Segue poi un incitamento a prepararsi a un combattimento per la propria libertà (“get ready to fight for your freedom”) e per sovvertire lo status quo, che viene presentato come un “ugly world” rispetto al quale si annuncia che “it is time to destroy all this evil”.
Nel ritornello torna poi l’opposizione tra instabilità e stabilità: la guerra viene presentata come una fase di instabilità nella quale l’arringatore ordina ai seguaci “Stand up and fight” sostenendo di essere dalla parte della verità in opposizione alle “lies that have spread like disease through our minds”; si promette che, una volta preso il potere, seguirà una fase di stabilità (“every soldier will rest”) nella quale i vincitori elargiranno la loro “kindness” a tutti i meritevoli. Infine il ritornello si chiude giustificando l’instabilità della vita dei martiri destinati a morire per la causa propagandata, in nome della stabilità della libertà promessa come certo traguardo finale del percorso intrapreso (“Some of you are going to die / Martyrs of course to the freedom that I shall provide”).
Nella seconda strofa l’arringatore si arroga il potere di fare i nomi di chi debba essere ucciso dai seguaci, ordinando che “All must die with their children”: nei confronti dei propri nemici egli dunque incita a praticare una violenza brutale (“Carry their heads to the palace of old, / Hang them high, let the blood flow”). profondamente opposta al perdono predicato dal passo del Padre Nostro citato nella dedica di The Knife. In tale incitamento, l’arringatore risulta così ancora più simile al sanguinario One-eye e, alla luce degli altri testi dell’album, dove, come abbiamo visto, vengono promossi il rispetto per gli altri e la filantropia, appare come un personaggio decisamente negativo: se ne può allora trarre la conclusione che l’arringatore e i suoi seguaci coincidano con “those who trespass against us” indicati nella dedica del brano. La relazione dei loro comportamenti col tema del ‘trespass’ prometeico viene poi evocata dal comando “break all the chains around us”,[27] mentre un accenno alla dimensione religiosa viene fatto con le parole “now the crusade has begun”.
Subentra poi la reazione dei seguaci, che ripetono più volte le parole “We are only wanting freedom”, finché simultaneamente non si sente un’altra voce, quella del leader dei loro repressori, che dapprima nota che “Things are getting out of control here today” e poi ordina "OK men – fire over their heads!".
Trespass termina con il leader dei trasgressori che proclama la loro vittoria ribadendo però che alcuni di loro sono destinati a morire martiri della libertà promessa.
Ora che abbiamo considerato le parole cantate di Trespass seguendo l’isotopia corrispondente al quadrato semiotico di figura 1, possiamo concentrarci sull’esempio che abbiamo scelto per analizzare la relazione tra le parole e la musica in esso presenti, Stagnation. Se in tutte le canzoni di Trespass si trova una forma standard ‘straniata’ (cfr. tab. 2)[28], questo brano, insieme a The Knife, rispetto alla tipologia delle forme adottate nel progressive rock elaborata da Macan (1997: 40-46) si colloca tra i “pieces between six and twelve minutes in length” che “adopt the contours of the single-movement sectionalized forms” [29] e “create the impression of a song that has been expanded to enormous proportions by the inclusion of lenghty instrumental preludes, interludes, and postludes, as well as one or more contrasting bridge sections” (Macan 1997: 42).
Per individuare la sua ‘intentio operis’, analizzeremo cosa avviene nel corso delle sue otto sezioni (cfr. tab. 3).
Sezioni | Parole cantate | Contenuti evocati |
---|---|---|
I (0 – 0:20) Introduzione strumentale | Apparizione di uno sfondo con colori soffusi e delicati, dapprima più sereno e poi più languido. | |
II (0:20 – 0:55) Primo episodio cantato |
Here today the red sky tells his tale, but the only listening eyes are mine. There is peace amongst the hills, and the night will cover all my pride. Blest are they who smile from bodies free, seems to me like any other crowd who are waiting to be saved. |
Il narratore medita, dapprima su una propria contemplazione sinestesica e poi sulla relazione tra la corporeità e la salvezza, emergendo gradualmente in primo piano rispetto allo sfondo apparso nella prima sezione, in una situazione prima di stabilità e distensione, poi di maggiore instabilità e tensione. |
III (0:55 – 1:39) Transizione strumentale | La scena si trasforma: all’inizio si sente un movimento ritmicamente regolare, ma instabile, di allontanamento dal punto di arrivo della sezione precedente seguito da un ritorno a tale punto con attesa di un chiarimento della meta perseguita; poi l’attesa continua e si presenta uno sfondo molto più ampio e coloristicamente più ricco; infine appare un nuovo sfondo, con un movimento ondulatorio irregolare e moderato quale quello dell’acqua dello stagno prospiciente il narratore. | |
IV (1:40 – 2:46) Primo assolo strumentale | Apparizioni, movimenti e sparizioni di una figura in primo piano poco definita, quale può essere una figura intravista sotto una superficie acquatica. I movimenti di tale superficie acquatica, all’inizio simili a quelli evocati dalla sezione precedente e poi con un ondeggiamento più veloce, fanno da sfondo instabile alla figura in primo piano. | |
V (2:47 – 3:57) Secondo assolo strumentale con primo groove | Movimenti di una energica nuotata nello stagno prospiciente, immaginata prima di prepararsi a compierla | |
VI (3:58 – 5:06) Secondo episodio cantato | Wait, there still is time for washing in the pool, wash away the past. Moon, my long-lost friend is smiling from above, smiling at my tears. Come we'll walk the path to take us to my home, keep outside the night. The ice-cold knife has come to decorate the dead, somehow. And each will find a home, and there will still be time, for loving my friend – You are there – |
Lo sfondo è simile a quello della sezione II. In primo piano si trovano delle enunciazioni del narratore; in questo caso, però questi è teso verso una meta diversa da quella allora prefigurata. Mentre nella sezione II egli meditava malinconicamente sulla contemplazione sinestesica della natura da lui compiuta subito prima, ora invece più serenamente immagina alcune sue esperienze future che egli intende vivere: dapprima lavarsi nell’acqua dello stagno prospiciente, scrollandosi di dosso il passato, poi procedere verso la propria casa e infine amare il proprio “friend” che si trova al momento altrove. |
VII (5:06 – 6:56) Terzo episodio cantato con riff e col secondo groove | And will I wait for ever, beside the silent mirror And fish for bitter minnows amongst the weeds and slimy water. I want to sit down I want to take a drink of water. I want a drink. – I want a drink. To take all the dust and the dirt from my throat. I want a drink. – I want a drink. To wash out the filth that is deep in my guts. I want a drink. |
Il narratore prima medita, con una sorta di mantra pacato, sul proprio futuro, poi esprime un grande incremento della propria energia e la propria decisione di volersi sedere, voler bere e voler espellere residui del passato, con un crescendo di entusiasmo al termine del quale ribadisce la propria volontà, manifestando però una graduale diminuzione della propria energia. |
VIII (6:56 – 8:50) Episodio cantato finale |
Then let us drink. |
In un’atmosfera solenne e dapprima pacatamente serena, poi enfaticamente entusiastica, il narratore sintetizza ciò che ha intenzione di fare nel futuro, proclamando entusiasticamente la propria decisione di passare dalla stabilità del presente a un’instabilità futura. |
Tabella 3. Stagnation: sezioni e testo.
Stagnation si apre con un episodio strumentale in tempo moderato (si sente un metro in quattro quarti con un metronomo che si aggira tra 76 e 80 battiti al minuto) che nel giro di pochi secondi, presentando arpeggi chitarristici riconducibili alla successione degli accordi di sol maggiore, re maggiore, do maggiore e sol maggiore, fa sentire il sol maggiore come propria tonalità d’impianto (cfr. tab. 4), creando così un’atmosfera di sostanziale serenità e stabilità.
Dopo che la continuazione dell’incipit segue un andamento tonale standard, toccando gli accordi di II e VI grado di sol maggiore, in corrispondenza con l’arrivo di un accordo decisamente meno prevedibile (sib maggiore) c’è la prima apparizione della voce, con vocalizzi che, avendo un profilo discendente, un registro acuto e un timbro etereo, a posteriori possono essere sentiti come la rappresentazione sonora della voce del sole al tramonto alla quale allude la frase, cantata subito dopo, “Here today the red sky tells his tale”.
In coincidenza con l’inizio del vocalizzo si presenta una progressione discendente nella quale il motivo melodico e armonico proposto viene ripetuto una seconda minore sotto; tale andamento e le ulteriori discese cromatiche seguenti avvicinano questo frammento a tre brani dei Beatles (Nowhere Man e In My Life, pubblicati per la prima voltanel 1965 in Rubber’s Soul, e Here, There And Everywhere,pubblicato per la prima volta nel 1966 in Revolver) e ad I Talk To The Wind dei King Crimson (cfr. tab. 4), che hanno passaggi simili che li colorano, come questo, di un’atmosfera languida, delicatamente sfumata e a mezze tinte.[30]
L’assenza di una parte cantata all’inizio di questa sezione e poi l’uso di una voce che realizza dei vocalizzi senza pronunciare delle parole fanno sì che questa introduzione simboleggi l’apparizione di uno sfondo,[31] al quale il sound fornisce colori soffusi e delicati, mentre il percorso armonico e il tempo moderato lo rendono dapprima più sereno e poi più languido.
La seconda sezione di Stagnation si articola in due segmenti, dei quali il primo (0:20 – 0:39) ripete l’introduzione con l’inserimento di una nuova linea melodica in primo piano, intonata dalla voce di Peter Gabriel che canta le prime parole della canzone, mentre il secondo (0:39 – 0:55) funziona come una seconda strofa con parole diverse e con un andamento musicale divergente.
Nel primo segmento le parole inseriscono un tema coerente con tutti i riferimenti alla narrazione della Wanderung presenti in Trespass segnalati in questo saggio: la descrizione di un’esperienza di contemplazione sinestesica del tramonto vissuta qui e ora, con una forte presenza della deissi sottolineata fonosimbolicamente dall’allitterazione di consonanti dentali;[32] al centro dell’attenzione viene posto l’atteggiamento contemplativo nei confronti del sublime naturale del narratore, che, per il momento, non si esprime in prima persona e che medita sulla propria ‘diversità’ caratterizzata in questo caso come la capacità di ascoltare con gli occhi il racconto del sole al tramonto (“Here today the red sun tells his tale / but the only listening eyes are mine”).[33]
A differenza di quanto avveniva frequentemente nelle altre canzoni dell’album, il narratore viene collocato in una condizione di stabilità, evocata dalle parole “there is peace upon the hills”,[34] analoghe al finale di White Mountain: “dwelt in peace”.
Inoltre, l’apparizione del termine “only” echeggia quella dello stesso termine nella dedica di Stagnation: [35]
To Thomas S. Eiselberg, a very rich man,
who was wise enough to spend all his
fortunes in burying himself many miles
beneath the ground. As the only
surviving member of the human race,
he inherited the whole world.
Il narratore e l’ultimo membro sopravvissuto della razza umana cui la canzone è dedicata hanno dunque in comune la loro solitudine di fronte all’ambiente circostante, ma le altre caratteristiche del narratore di Stagnation desumibili dal suo testo tendono a farlo coincidere più con i narratori delle altre canzoni dell’album che non con il dedicatario di questa canzone.[36]
Le parole cantate si concentrano in un primo tempo sul fenomeno naturale percepito “here today” e solo in un secondo tempo fanno emergere la presenza del loro percettore: parallelamente, la linea melodica della voce all’inizio è in un registro inferiore e con una dinamica pari a quella degli strumenti melodici, e dunque immersa nel loro tessuto sonoro, e solo in un secondo tempo acquista una dinamica maggiore e un registro superiore, emergendo così a poco a poco in primo piano rispetto agli altri livelli.[37] Analogamente, il profilo melodico diventa gradualmente sempre più espressivo di stati emotivi man mano che le parole si riferiscono al narratore: all’inizio si sente un arpeggio decisamente strumentale,[38] simile a quello realizzato nell’introduzione dalla chitarra che espone la melodia; poi la voce realizza un percorso leggermente diverso da quello precedente della chitarra, con un salto più deciso che sottolinea le parole “are mine” in corrispondenza col passaggio accordale meno prevedibile; successivamente, in corrispondenza con le parole “There is peace upon the hills and the night will cover all my pride”, la melodia diventa più recitativa, pone la propria corda di recita su un instabile secondo grado, imita un sospiro presentando un’appoggiatura di seconda discendente in corrispondenza col canto di un’unica sillaba sulla parola “pride”[39] e al termine dell’appoggiatura raggiunge la tonica, facendo sentire una notevole stabilità finale.
La voce di Gabriel è molto delicata e poco ‘timbrata’, una voce “platonic and asexual”, come Macan (1997: 39) definisce il timbro più utilizzato dai cantanti di progressive rock, in questo caso piuttosto adolescenziale, all’insegna dell’ “innocence” cantata da uno dei poeti più amati dai Genesis, William Blake, ma che poco dopo sembrerà quella di un vecchio: non stupisce allora che da più parti si sia affermato che in questa canzone venga rappresentato il personaggio ‘anfibio’ e ambiguo, allo stesso tempo fanciullesco e vecchissimo, di Gollum, creato da Tolkien per The Lord Of The Rings (Tolkien 1954-55).[40]
Nel secondo segmento della prima sezione (corrispondente ai versi “Blest are they who smile from bodies free / seem to me like any other crowd / who are waiting to be saved”), nelle parole la stabilità e la distensione evocate precedentemente dal termine “peace” vengono sostituite da tre temi, esposti con toni biblici, che saranno poi sviluppati in questa canzone: il sorridere (attività che in Visions Of Angels era stata svolta da un elemento acquatico instabile, “a rippling stream”), il possedere un corpo libero e l’attendere la salvezza, condizione rispetto alla quale in Visions Of Angels il narratore aveva preso le distanze dall’opinione che la vita vera avvenga dopo la morte.
Parallelamente, nella musica la stabilità e la distensione che chiudevano il primo segmento vengono sostituiti da una maggiore instabilità e tensione: la voce (che emerge sempre di più rispetto allo sfondo) ripete solo all’inizio quanto fatto prima; successivamente, dopo il secondo salto alla dominante, non ripete la precedente discesa alla tonica, bensì rimane nel registro più acuto, tornando a raggiungere la dominante sulla seconda sillaba della parola “waiting” e mantenendola poi come corda di recita, rimanendo sospesa, così come avviene nell’accompagnamento, che modifica il proprio giro accordale terminando sulla dominante del sol maggiore iniziale in corrispondenza con l’attesa evocata dalle parole “waiting to be saved”.
Va inoltre sottolineata la grande espressività timbrico/dinamica che la voce assume sulle parole “crowd” e “saved”: rispetto alle sue prime parole, c’è meno ‘innocenza’ e più tensione: si sente una vicinanza timbrica nel primo caso con la voce di Steve Winwood e di Gary Brooker[41] e nel secondo caso con il vibrato irregolare e aspro del cantante dei Family Roger Chapman.[42]
Sintetizzando quanto è stato rilevato di questa seconda sezione, diremo allora che le sue parole e la sua musica evocano una meditazione, dapprima su una propria contemplazione sinestesica e poi sulla relazione tra la corporeità e la salvezza, enunciata dal narratore, che gradualmente emerge in primo piano rispetto allo sfondo apparso nella prima sezione, in una situazione prima di stabilità e distensione, poi di maggiore instabilità e tensione.
Dopo l’ascolto della parola “saved”, inizia un episodio nella quale scompaiono sia la voce che il tipo di accompagnamento della sezione precedente: dunque, scompaiono sia l’enunciazione del narratore in primo piano che lo sfondo.
Questa sezione è articolata in tre segmenti: nel primo (0:55 – 1:05) si sente una successione di accordi (re minore – si minore – do minore con simultaneamente un re nel registro acuto mantenuto come pedale – re maggiore), posti ciascuno sul primo tempo della loro battuta, inframmezzati da alcuni colpi di una percussione piuttosto sorda posti sugli altri tempi della battuta. Gli accordi sono realizzati simultaneamente sia da una chitarra che da una tastiera, e alcuni di loro (re minore e do minore) non sono immediatamente riconducibili alla tonalità di partenza di sol maggiore, senza peraltro configurare un nuovo centro di attrazione tonale alternativo, mentre al termine della sequenza ricompare l’accordo che l’aveva preceduta: viene dunque evocato un movimento ritmicamente regolare, ma instabile, di allontanamento dal punto di arrivo della sezione precedente seguito da un ritorno a tale punto, del quale non è possibile individuare una meta e rispetto al quale si attende un chiarimento in analogia con l’attesa di salvezza evocata dalle parole cantante immediatamente prima.
Nel secondo segmento (1:05 – 1:17) scompaiono i colpi percussivi e si aggiungono alla chitarra e all’organo il pianoforte, con un arpeggio di accordi consonanti sempre più acuti, e il basso elettrico, con una linea melodica piuttosto grave; si profila così uno sfondo molto più ampio e coloristicamente più ricco di quello della sezione precedente. Armonicamente, a due battute nelle quali permane l’accordo di re maggiore seguono due battute con l’accordo di la maggiore: ci si muove dunque più lentamente che in precedenza e ancora non si profila una meta chiaramente delineata.
Infine, il terzo segmento (1:17 – 1:39) è costituito da un accompagnamento con arpeggi chitarristici molto più semplici di quelli finora ascoltati, realizzati da due chitarre, una dinamicamente più in evidenza e l’altra con intensità minore. La mia ipotesi interpretativa è che il nuovo sfondo così evocato consista nella superficie increspata delle acque, illuminate dalla luce del tramonto, dello stagno del quale si parlerà nel primo verso cantato dopo il lungo intermezzo strumentale in corso. Questa ipotesi si fonda soprattutto sul rilevamento in questo segmento di quattro aspetti:
Armonicamente, in questo segmento troviamo la successione degli accordi (ciascuno della durata di una battuta) di re minore con la settima minore, sol minore con la nona maggiore, do maggiore con la settima minore (e dunque quadriade di prima specie) e fa maggiore, che fa sentire una tonicizzazione di quest’ultimo accordo; poi, continuando a presentare a ogni battuta un cambiamento di accordo, torna quello di re minore, seguito dal mi maggiore e dal la maggiore, profilando una tonicizzazione di quest’ultimo accordo, confermata dal passaggio successivo all’accordo di fa# minore: si sente dunque un allontanamento dalla situazione che aveva caratterizzato le prime due sezioni, delineando un primo nuovo centro d’attrazione e di stabilità che viene rapidamente sostituito da uno ancora diverso.
In sintesi, dunque, la terza sezione presenta un cambiamento della scena evocata nelle prime due sezioni: all’inizio si sente un movimento ritmicamente regolare, ma instabile, di allontanamento dal punto di arrivo della sezione precedente seguito da un ritorno a tale punto con attesa di un chiarimento della meta perseguita; poi l’attesa continua e si presenta uno sfondo molto più ampio e coloristicamente più ricco; infine appare un nuovo sfondo, con un movimento ondulatorio irregolare e moderato quale quello dell’acqua dello stagno prospiciente il narratore.
La quarta sezione del brano è strumentale come la precedente, ma si differenzia da questa per il fatto che in essa, simultaneamente a una successione di arpeggi simile a quella presente nel terzo segmento della terza sezione, compare il primo assolo strumentale del brano, con un timbro piuttosto insolito rispetto ai brani nel repertorio simile dell’epoca: a realizzarlo è un organo, utilizzato con un registro poco comune, delicato e soffice, a metà strada tra il suono sinusoidale e quello di un flauto o un’ocarina, ma più offuscato, con suoni dai contorni poco definiti e con un mantenimento e un decadimento instabili.
Nella linea melodica costituita da tali suoni si succedono due segmenti (cfr. tab. 5): nel corso del primo (fino a 2:02), la linea melodica prima ondeggia in una zona media (tra re5 e fa4), poi scende fino a un apice inferiore (sol3) e poi risale raggiungendo un culmine molto più alto del punto di partenza (sib5) e terminando in un punto di poco inferiore (la5), in linea con il motivo ‘per infera ad aspra’ del quale abbiamo rilevato la diffusa presenza in Trespass. Le note toccate sono riconducibili tanto alla tonalità di fa maggiore quanto a quella di re minore, così come avviene nell’accompagnamento, che presenta in arpeggio le note dell’accordo di sol minore con la settima minore e la nona maggiore: si continua dunque a sentire, come in precedenza, l’allontanamento dalla tonica iniziale del brano, senza l’instaurazione di un nuovo centro d’attrazione costante.
Nel secondo segmento, mentre l’accompagnamento, più mosso, oscilla tra gli accordi di si minore e la minore, riconducibili al sol maggiore iniziale, anche la linea melodica fa sentire un riavvicinamento all’inizio, toccando note anch’esse riconducibili al sol maggiore; nel suo profilo (cfr. tab. 5), avviene una prima discesa in un registro elevato (da la5 a mi5), seguito da due andamenti tra loro simili che partono da più in basso (la4) raggiungono il registro elevato della discesa precedente terminando vicino a dove questa era terminato, dopodichè vi è un ondeggiamento finale nel registro della discesa iniziale. Ognuno di questi quattro percorsi si chiude con un glissando discendente e in diminuendo al termine del quale succede un momento di silenzio.
La mia ipotesi è che la sezione IV rappresenti la relazione tra le apparizioni, i movimenti e le sparizioni di una figura in primo piano poco definita, quale può essere una figura intravista sotto una superficie acquatica, e i movimenti di tale superficie acquatica, all’inizio simili a quelli evocati dalla sezione precedente e poi con un ondeggiamento più veloce, che fanno da sfondo instabile alla figura in primo piano.
La quinta sezione del brano è strumentale come le due precedenti, ma differisce dalla precedente soprattutto nel tipo di accompagnamento utilizzato.
Vi è innanzitutto l’inserimento di un groove.[43], il cui ingresso viene preparato gradualmente. Mentre la tessitura si intensifica, la batteria – che finora aveva punteggiato la tessitura con pochi colpi ai tamburi gravi nel primo segmento della terza sezione – ripete per due volte uno stesso processo, con in evidenza soprattutto il suono dello hi-hat e del piatto, con i quali viene eseguita una successione isocrona piuttosto lenta in quarti, corrispondente alla pulsazione a circa 80 battiti per minuto, finora rimasta pressoché costante dall’inizio del brano. La velocità di questa scansione viene dapprima raddoppiata (in ottavi) e poi quadruplicata (in sedicesimi), evocando dunque la continua ripetizione di un movimento la cui esecuzione viene per due volte raddoppiata di velocità. Il groove completo, nel quale partecipano anche accordi di chitarra elettrica sostenuti dal basso elettrico, presenta poi una serie di giustapposizioni e variazioni delle tre pulsazioni presentate nell’incipit, rappresentando dunque la continuazione con variazioni del movimento evocato dall’incipit.
Armonicamente si alternano regolarmente due accordi, ciascuno della durata di due battute, re maggiore e la minore; si sente dunque un’alternanza regolare, come quella di un’onda, tra un avvicinamento al punto dal quale il brano era partito e un allontanamento da tale punto.
A partire dal momento in cui si comincia a sentire il groove completo, su tale accompagnamento s’inserisce un secondo assolo strumentale, realizzato anch’esso da un organo, in questo caso però con uno dei suoi timbri più consueti, molto più brillante di quello precedente. Inoltre, rispetto all’assolo precedente, l’intensità e la velocità sono maggiori Nella linea melodica si sentono avvicinamenti e allontanamenti rispetto alla tonica di sol maggiore paralleli a quelli degli accordi sottostanti. Il suo profilo si articola in tre segmenti nei quali l’andamento ‘per infera ad astra’ viene costantemente incrementato (cfr. tab. 5): nel secondo segmento si raggiunge l’apice inferiore mi2, per poi risalire fino al fa#4 e terminare subito sotto sul mi4, mentre nel terzo e ultimo segmento, dopo aver ripetuto la discesa precedente, vi è un’ultima ascesa molto più ampia, più rettilinea, più spessa e più ricca coloristicamente delle precedenti che, partendo dalla nota più bassa finora eseguita melodicamente (re2), raggiunge un culmine di altezza (do6) e di intensità.[44]
Sulla base di tali rilevamenti, la mia ipotesi è che la sezione V rappresenti dei movimenti simili, ma molto più ampi, veloci ed energici di quelli evocati dalla sezione IV, compiuti da una figura in primo piano rispetto a uno sfondo ondeggiante, e culminanti in un ultimo movimento attraverso il quale tale figura, dopo aver raggiunto il fondo dell’ambiente nel quale si trova, risale velocemente fino a riemergere nel punto più alto di tale ambiente, raggiungendo un culmine di energia.
Dato che a tale sezione seguono le parole “Wait, there is still time for washing in the pool”, la mia ipotesi è che i movimenti da essa evocati siano quelli di una energica nuotata del narratore nello stagno prospiciente, da lui immaginata prima di prepararsi a compierla.
Il profondo cambiamento di registro, di intensità e di timbro che avviene a 3:58 fa sentire che in quel punto inizia una nuova sezione del brano, che poi si articola in sei segmenti.
Il primo (da 3:58 a 4:00) è costituito da una brevissima monodia realizzata dal flauto in piano, che suona come un ritorno alla realtà dopo la sezione visionaria immediatamente precedente.
Il secondo segmento (da 4:00 a 4:12) ha una tessitura, un aspetto timbrico, una dinamica e un’agogica simili a quelli della seconda sezione del brano. Anche il profilo melodico vocale inizia in modo simile al profilo tracciato dalle prime parole della canzone (con un salto seguito dal ritorno al punto di partenza), ma ne inverte la direzione, assumendo un andamento simile all’inizio della melodia di Nowhere Man dei Beatles (1965) (cfr. es. 2). Armonicamente, invece, mentre il primo segmento può essere ricondotto al sol maggiore instaurato nelle prime due sezioni del brano e rievocato nella sua quinta sezione, il secondo instaura un centro d’attrazione diverso da quello delle prime due sezioni, il la maggiore, superiore di un tono alla tonica iniziale, la cui tonicizzazione era già stata brevemente suggerita nella terza sezione del brano. Un’altra differenza rispetto alla seconda sezione consiste nel fatto che in quest’ultima erano presenti sia nella melodia che nel giro accordale alcuni passaggi cromatici, qui assenti: il clima affettivo evocato risulta dunque meno languido.
Nelle parole, all’inizio di questo secondo segmento, viene ripreso il fatto che il narratore parla di se stesso non esprimendosi in prima persona e l’allitterazione delle consonanti dentali, qui particolarmente sottolineata, mentre il primo vocabolo pronunciato, “wait”, si riaggancia al “waiting” enunciato nel finale di tale sezione. Le parole successive, “there is still time for washing in the pool” [45] introducono il tema del detergere il corpo con l’acqua, che riprende il tema della liberazione del corpo esposto precedentemente con le parole “from bodies free”, connettendo inoltre questa canzone a uno dei primi versi di Looking For Someone: “Dirty man, you're looking like a Buddha”. Le parole “washing in the pool” vengono subito integrate dal successivo imperativo “wash away the past”, nel quale il tema del superamento del passato attraverso una continua instabilità, solitamente evocato metaforicamente in Trespass dall’azione del “procedere”, viene simboleggiato dall’azione del detergersi, mentre l’ambiente acquatico corrispondente a tale azione viene rappresentato dall’ondeggiare della voce tra la corda di recita mi e il fa# subito superiore.
Nel terzo segmento, da 4:13 a 4:24, viene realizzata la ripetizione strofica del secondo segmento con altre parole (“Moon, my long-lost friend is smiling from above, similing at my tears”), nelle quali viene attribuita al narratore un’altra delle caratteristiche tradizionalmente attribuite al viandante, l’amicizia con la luna.[46]
Nel quarto segmento, da 4:25 a 4:36, per la prima volta in questo brano troviamo come soggetto di un enunciato un pronome in prima persona, ma al plurale (“we”) e del quale non si specifica se indichi la coppia formata dal narratore e dalla luna o la sua unione con altri soggetti. Inoltre, nelle parole utilizzate, “Come, we’ll walk the path to take us to my home, keep outside the night”, si abbandona la descrizione del presente e si passa a prefigurare il futuro riproponendo il tema dell’instabilità figurativizzato dall’azione del muoversi lungo un percorso, in questo caso diretto verso una meta, la casa del narratore.
In corrispondenza con questo slancio verso il futuro, mentre viene ripetuto per la terza volta l’accompagnamento del secondo segmento, la voce diviene più enfatica e, a differenza di quanto faceva prima, dopo il salto iniziale non ritorna al punto di partenza, continuando invece a salire, e realizzando un ulteriore slancio ascendente sulle parole “to take”.
Nel quinto segmento, da 4:36 a 4:48, le parole “the ice-cold knife has come to decorate the dead, somehow” abbandonano la prefigurazione del futuro per rilevare l’arrivo di qualcosa di freddo e appuntito, corrispondente col titolo dell’ultimo brano dell’album (“the knife”), con un altro collegamento con Looking For Someone, dove si trovava il verso “Chilly wind you're piercing like a dagger – it hurts me”. Il freddo soggetto sopraggiunto, sia esso un vero coltello o il vento, viene presentato come strumento di decorazione di un soggetto stabile, “the dead”. Questo passaggio verbale risulta piuttosto sorprendente, ma può essere messo in relazione ai versi precedenti considerandolo da una parte come un’allusione a un rituale arcaico, e dunque in linea con la precedente evocazione del rituale archetipico della purificazione del corpo attraverso la sua immersione nell’acqua, e dall’altra come un accenno all’idea che della realtà vada accettata la presenza non solo della vita e del piacere, ma anche della morte e del dolore, in linea con le precedenti allusioni a teorie che enunciano tale idea, quali il buddismo o il niccianesimo.
Mentre si ripete per la quarta volta l’accompagnamento del secondo segmento, la voce realizza una graduale ascesa e un aumento di intensità seguiti da un nuovo slancio che raggiunge un culmine sulle parole “to decorate” (in corrispondenza col ritorno dell’allitterazione delle consonanti dentali, in questo caso in linea con la durezza della figura del “knife”) seguite da un sospiro su “dead”; poi si presenta invece una discesa e una diminuzione di intensità sulla parola “somehow” realizzata molto espressivamente. Dal punto di vista timbrico e dinamico si tornano a utilizzare l’aspro vibrato irregolare e la tensione vicini allo stile di Roger Chapman.
Nel sesto segmento da 4:48 a 5:06 le parole tornano a prefigurare il futuro, enunciando la previsione che la propria casa verrà trovata non solo dal narratore, ma da ogni altro soggetto, e che a lui verrà data la possibilità di amare il proprio “friend”, terminando con l’indicazione che nel momento nel quale il narratore sta realizzando la propria enunciazione il “friend” al quale questi si rivolge come proprio narratario si trova in un luogo lontano (“you are there”) per raggiungere il quale è per lui necessario passare dalla stasi attuale alla futura realizzazione di un ulteriore percorso.
In corrispondenza di tali annunci del futuro conseguimento di alcune mete, l’accordo di la maggiore, che a partire dal primo segmento di questa sezione funziona come centro d’attrazione, compare non più come punto di partenza, ma come meta raggiunta prima con una cadenza plagale e poi al termine di un percorso che fa seguire a tale accordo quelli di si minore, do# minore, fa# minore e sol maggiore. Simultaneamente, la linea melodica, dopo aver pronunciato “and each will find” con una scaletta ascendente che riecheggia con minor energia lo slancio corrispondente alle parole “the ice-cold knife”, a partire dalla continuazione di tale frase, “a home”, realizza numerosi salti di quinta e quarta che forniscono un’espressività enfatica (una sorta di eroismo[47] al rallentatore) alle parole “and there will still be time for loving my friend”. Infine molto espressivo è il conclusivo “you are there” con una sostituzione della voce stentorea e dei salti di quarta o quinta precedenti col sussurrato e con la seconda.
Sintetizzando quanto avviene nella sezione VI si può allora rilevare che in essa vi è uno sfondo simile a quello della sezione II rispetto al quale, come in quella, in primo piano si trovano delle enunciazioni del narratore; in questo caso, però questi è teso verso una meta diversa da quella allora prefigurata. Mentre nella sezione II egli meditava malinconicamente sulla contemplazione sinestesica della natura da lui compiuta subito prima, ora invece più serenamente immagina alcune sue esperienze future che egli intende vivere: dapprima lavarsi nell’acqua dello stagno prospiciente, scrollandosi di dosso il passato, poi procedere verso la propria casa e infine amare il proprio “friend” che si trova al momento altrove.
A 5:06 inizia un andamento musicale finora mai realizzato in Stagnation, un riff di chitarra (che ritmicamente e melodicamente riecheggia l’arpeggio chitarristico realizzato nella sezione III) il cui incipit fa sentire l’apertura di una nuova sezione della canzone, articolata in quattro segmenti.
Nel primo segmento (5:06-5:12) la chitarra espone due volte il proprio riff, isocrono, agogicamente moderato, con un arco prima ascendente e poi sostanzialmente discendente che ritorna al punto di partenza, basato sull’arpeggio di la maggiore con brevi interpolazioni tensive realizzate da un fa#, tra un do# e un mi, e da un si, tra un mi e un do#.
Inizia poi il secondo segmento (5:12-5:25), nel quale al riff di chitarra si sovrappone all’unisono la voce[48], le cui parole suonano dunque come una sorta di mantra. In esse, per la prima volta in questo brano viene pronunciato il pronome “I”; continua la prefigurazione del futuro iniziata nella sezione precedente, ma in questo caso il narratore annuncia che nel futuro egli compierà per sempre un’azione riferita all’instabilità, quella dell’attendere, già più volte tematizzata in questa canzone. Inoltre il protagonista immagina se stesso nel futuro non in un’esperienza contemplativa o meditativa, qual era quella iniziale, ma in un’azione partecipativa, quella di pescare: “And will I wait for ever, beside the silent mirror / And fish for bitter minnows amongst the weeds and slimy water”. Queste parole, nelle quali è stata scorta un’allusione al personaggio di Gollum,[49] vengono introdotte utilizzando un timbro vocale più caldo e maschile di quelli precedenti, a esprimere un avvenuto cambiamento dall’innocenza all’esperienza.
Dopo aver cantato per tre volte il riff, la voce compie un grande salto di ottava pronunciando sul la dell’ottava superiore la parola “water”, che assume così una grande enfasi, dopodichè inizia un terzo segmento (5:25 – 6:02) nel quale compare una voce molto acuta senza parole, come una sorta di evocazione della voce dell’acqua analoga a quella della voce del “red sun” realizzata nella prima sezione del brano.
Simultaneamente, al riff chitarristico si aggiunge, al posto dell’unisono realizzato dalla voce, un pedale di la, nuovo centro di stabilità instaurato nella sezione precedente, e un riff accordale (simile a quello dell’arrangiamento di Joe Cocker di With A Little Help From My Friends, pubblicato nel 1969): il passaggio dall’accordo di sol maggiore, tonica iniziale del brano, a quello di la maggiore, tonica attuale, viene articolato da due cadenze plagali (dall’accordo di sol a quello di re e da questo a quello di la) con l’effetto di un ampio sfogo di una grande carica di energia precedentemente accumulata.
Oltre a tale aggiunta, ritorna poi la batteria che, dopo un lungo levare in crescendo realizzato dal rullante, lancia un groove completo, diverso da quello della sezione V; sulla ripetizione di tale groove avviene poi un’ulteriore nuova entrata che si assomma alla stratificazione degli altri strumenti già presenti, quella dell’organo che raddoppia una sesta sopra il riff della chitarra.
Al culmine del crescendo così ottenuto inizia un quarto segmento (6:03 – 6:56) nel quale la voce principale interpretata da Gabriel ricompare ripetendo più volte il pronome “I” che, pronunciato per la prima volta poco prima, viene ora riproposto più volte come soggetto del verbo “want”, e dunque di un atto di volontà reiterato con insistenza: i desideri del narratore vengono enunciati con un’ennesima allitterazione delle dentali, in questo punto con valore prima deittico, poi di espressione di compiacimento gustativo,[50] infine funzionale al gesto vocale dello sputare evocato dalle parole corrispondenti: prima il narratore vuole “to sit down”, affermazione di uno stretto contatto con la terra e con tutto quanto è in basso, poi vuole “to drink”, esperienza corporea di assunzione di una sostanza instabile funzionale ad avere una trasformazione, infine esprime la volontà di espellere sostanze sporche legate al passato (“To take all the dust and the dirt from my throat” e “To wash out the filth that is deep in my guts”).
Musicalmente, la voce è piuttosto diversa timbricamente dal suo aspetto iniziale, anche se ancora il cantante al quale somiglia maggiormente è Roger Chapman:[51] ora è tutt’altro che “platonic”, bensì corposa, non è più asessuata, ma indiscutibilmente maschile, non è più fragile, ma invece è decisa, carica di energia: presenta un nuovo riff tutto sulla stessa altezza (lo stabile la parallelo a quello del pedale armonico sottostante) che si aggiunge poliritmicamente a quelli già presenti, uno sfogo ritmico che ripetendosi alimenta sempre più la sua carica e che poi sfocia nell’esternazione “I want a drink”; poi comincia a ripetere quanto ha appena fatto, ma esprime un ulteriore aumento di carica energetica saltando all’ottava superiore e sfociando stavolta in una sorta di melodia a picco, timbricamente assai scura e grumosa, ancora una volta simile a quanto Chapman spesso faceva nei primi Family; dopodichè torna all’ottava di partenza per esporre sulle parole “I want a drink” un altro riff sulla stessa nota dotato di grande carica ritmica che sfocia ancora una volta in una melodia a picco; la cosa viene poi subito ripetuta dopodichè viene ripreso una sola volta il riff su “I want a drink”, ma con una notevole diminuzione di intensità.
In sintesi, la sezione VII continua a rappresentare le enunciazioni del narratore, così come avveniva nella sezione precedente, ma a differenza di quella, mostra il suo passaggio dal momento in cui questi medita con una sorta di mantra pacato sul proprio futuro al momento in cui invece esprime un grande incremento della propria energia e la propria decisione di volersi sedere, voler bere e voler espellere residui del passato, con un crescendo di entusiasmo al termine del quale il narratore ribadisce la propria volontà, manifestando però una graduale diminuzione della propria energia.
A 6.56 l’inizio di un nuovo giro accordale, simultaneamente alla sparizione di tutti gli andamenti più volte ripetuti precedentemente e alla comparsa di un nuovo motivo realizzato da uno strumento assente nella sezione VII, il flauto, fanno sentire l’inizio di una nuova sezione.
Il motivo, esposto con dinamica pacata, come i riff della chitarra e dell’organo precedenti ha un profilo ad arco nel quale la prima e l’ultima nota coincidono: la sua prima parte riprende la quarta discendente iniziale e il seguente arpeggio maggiore ascendente corrispondenti alle prime parole del brano, “Here, today, the red sky tells his tale”, ma la sua isocronia la rende più marziale e solenne; e tale solennità da fanfara eroica viene mantenuta anche nella seconda parte, che ricorda alcuni passaggi del riff della sezione precedente, ma che ha rispetto a questo un movimento con velocità dimezzata.
Armonicamente si confermano il la maggiore e la nuova stabilità ad esso legata instaurati nelle due sezioni precedenti, con un accompagnamento di chitarra e organo che realizzano un turnaround nel quale l’inizio del giro accordale del secondo segmento della sezione VI (la maggiore, triade diminuita di sol#, la maggiore in primo rivolto) sfocia nella doppia cadenza plagale che accompagnava il riff della sezione VII (sol maggiore, re maggiore, la maggiore).
Successivamente il motivo del flauto e il suo accompagnamento col turnaround vengono riproposti altre tre volte, con graduali aggiunte di altri strumenti che forniscono un nuovo aumento di energia finché, al rientro prima del tom-tom e poi del groove completo della batteria, il motivo che caratterizza questa sezione viene esposto e più volte ripetuto non più con dinamica pacata dal flauto, ma in forte da diverse tastiere. In corrispondenza di tale nuovo incremento energetico, si ripresenta la voce, stavolta sotto forma di un insieme di voci maschili riverberate e filtrate: si sente così un coro possente, immerso nella densa atmosfera complessiva, intento a raddoppiare le ultime note del motivo che caratterizza questa sezione. Le parole così pronunciate (“Then let us drink, then let us smile, then let us go”) sintetizzano le tre tappe del percorso che il narratore intende realizzare insieme ad altri soggetti non specificati: bere, sorridere, procedere; la dinamica in forte, il registro acuto, il timbro sereno e la grande stabilità armonica di questa melodia, che su un pedale di tonica inizia e finisce con la tonica, la fanno risultare come l’evocazione di un’intonazione che sancisce positivamente, con enfatico entusiasmo, la trasformazione precedentemente avvenuta. Quando poi le voci terminano il loro intervento, viene ancora ripetuto alcune volte il motivo all’unisono in rallentando, ma sempre in fortissimo, fino ad arrivare alla sosta finale, sull’accordo di la maggiore.
In sintesi, l’ultima sezione di Stagnation mostra una conclusione del processo precedentemente presentato, con un’atmosfera solenne e dapprima pacatamente serena, poi enfaticamente entusiastica, nell’ambito della quale il narratore sintetizza ciò che ha intenzione di fare nel futuro, proclamando entusiasticamente la propria decisione di passare dalla stabilità del presente a un’instabilità futura. La presenza in questa canzone di una progressive tonality, con la conclusione un tono sopra l’inizio del brano, evoca un processo di trasformazione nel quale il finale è un superamento dello stato iniziale.[52]
A tale proposito, vale la pena considerare una registrazione, realizzata dalla BBC e pubblicata in numerosi bootleg, di un concerto realizzato dai Genesis all’inizio del 1970[53], dove Stagnation viene eseguita in una versione che non presenta differenze sostanziali rispetto a quella incisa su Trespass fino alla sua sezione VII. C’è invece una profonda divergenza quando, dopo l’accordo di la maggiore che chiude tale sezione, si sente un accordo di sib maggiore, al quale segue il ritorno alla parte finale del giro armonico della sezione I (la successione degli accordi di la maggiore, do minore e sol maggiore), dopodiché vengono ripresi la linea melodica e l’accompagnamento della sezione II, con le parole “Join with me upon the quest for gold, ther’s an after let us all feel good, Join with me we’ll share the treasure trove, seem to me like any other crowd” che conducono alla conclusione nella tonalità affermata dalle prime note della canzone, sol maggiore.
La scelta dei Genesis di realizzare, nella versione incisa su Trespass e in quella poi presentata nei concerti dal vivo successivi alla sua pubblicazione, una conclusione assai diversa da quella di questa versione precedente, senza il ritorno nell’ultima sezione della musica della strofa iniziale e della tonalità affermata all’inizio del brano, risulta in linea con l’intenzione espressiva qui ipotizzata: la volontà di evocare un processo di trasformazione dove il finale è un superamento dello stato iniziale.
Le parole cantate nel corso della versione finale di Stagnation specificano quale tipo di trasformazione viene rappresentato: da uno stato di languida contemplazione sinestesica del sublime naturale a uno stato di entusiastica decisione di essere nel futuro un instabile viandante, dopo essere passato attraverso le esperienze del bere e del sorridere.
Rispetto a tale trasformazione, l’ampio inserto strumentale posto tra il primo episodio cantato e le ultime tre sezioni del brano evoca l’attesa enunciata dalle parole finali del canto immediatamente precedente, “waiting to be saved”, e dalla prima parola cantata dopo tale episodio, “wait”, attirando l’attenzione di volta in volta su tre diversi fenomeni ai quali si riferiscono le parole che seguiranno: dapprima un movimento ondulatorio irregolare e moderato quale quello dell’acqua dello stagno prospiciente; nella sezione successiva, le apparizioni, i movimenti e le sparizioni di una figura in primo piano poco definita, quale può essere una figura intravista sotto una superficie acquatica, e i movimenti di tale superficie acquatica, all’inizio simili a quelli evocati dalla sezione precedente e poi con un ondeggiamento più veloce, che fanno da sfondo instabile alla figura in primo piano; infine, nella sua ultima sezione, i movimenti di una energica nuotata del narratore nello stagno prospiciente da lui immaginata prima di prepararsi a compiere tale attività.
Trespass costituisce un cambiamento di rotta rispetto alla produzione precedente dei Genesis, come gli stessi componenti del gruppo hanno riconosciuto: ad esempio, Tony Banks, rispetto a From Genesis to Revelation, l’album che contiene i brani più significativi di tale produzione, ha dichiarato: “E’ stata una fortuna che il disco sia stato un fiasco commerciale. Fosse stato un successo, probabilmente non ci avrebbe spinti a cambiare registro” (Giammetti 2004: 33).
Nel corso di questo saggio sono stati individuati numerosi aspetti che accomunano l’album qui analizzato più ad altri dischi di progressive rock, anche ad esso precedenti, che alla produzione precedente dello stesso gruppo:
Alla luce di tali constatazioni è ora possibile formulare alcune ipotesi sulla ‘intentio operis’ di Trespass.
Rifacendosi alle riflessioni esposte in Marconi 2001 sulla relazione tra la musica e i fenomeni di empatia e alle teorie sviluppate nell’ambito dei popular music studies (tra gli altri, da Frith 1987, Middleton 1990, Fabbri 2001, Fiori 2003 e Moore 2005) sul funzionamento comunicativo delle canzoni, una prima ipotesi che qui verrà proposta è che la presenza in Trespass e in molti altri album precedenti, sia dei Genesis che di altri gruppi di progressive rock, di brani con molte delle caratteristiche della forma standard delle canzoni di popular music sia funzionale all’intenzione di rivolgersi a un ‘fruitore modello’ abituato a tale forma e di cercare di disporlo a realizzare le trasformazioni del proprio stato proposte da tali tipi di canzoni:
Rifacendosi alle teorie sull’esperienza estetica, e in particolare a quelle sviluppate da Sklovskij (1929), Dewey (1934), Mukarovsky (1936), Heidegger (1950), Jauss (1972), Eco (1975: 328-343), Goodman (1984), Genette (1997), Basso (2002) e Gadamer (2002), si può ipotizzare che la presenza in Trespass e in molti altri album di progressive rock di canzoni di durata superiore ai quattro minuti, con forma standard ‘straniata’ e con parole cantate rispetto alle quali, per trovare l’isotopia principale e il significato complessivo, è necessario un intenso sforzo interpretativo sia funzionale all’intenzione di invitare chi è abituato ad ascoltare canzoni di durata inferiore, con forma standard e con parole cantate dotate di un’isotopia e di un significato complessivo facilmente individuabile, a vivere un’esperienza estetica[56], di katharsis (nel senso sviluppato da Jauss 1972) “liberatrice e organizzatrice” (Dewey 1934), spaesante (Heidegger 1950) e disinteressata, cioè una trasformazione delle proprie competenze, della propria idea di sé e del mondo, senza sapere durante il processo della propria trasformazione quale esito essa avrà e senza desiderare che abbia luogo un certo esito a discapito di altri possibili.
Considerando infine tutte le caratteristiche di Trespass individuate in questo saggio che distinguono questo album sia dalla produzione precedente dei Genesis che dagli altri album precedenti di progressive rock, l’ipotesi conclusiva che ne consegue è che, oltre alle intenzioni sopra indicate, che accomunano Trespass ad altri album di progressive rock, la ‘intentio operis’ di questo album consista anche in un’ulteriore intenzione, ad esse compatibile, ma che lo distingue sia dall’altra produzione dello stesso gruppo che da altri album di progressive rock; tale intenzione consiste nell’invito a valorizzare un tipo particolare di esperienza spirituale evocato espressivamente dalla combinazione delle parole in esso cantate e della musica corrispondente (soprattutto in Stagnation): l’esperienza dell’instabile “passerby” che compie un “trespass” non con un atteggiamento violento nei confronti di altri esseri viventi, ma rispetto a una “straight line”, e che, pur sentendo che “there never is an end”, cerca comunque di evitare la “stagnation”, realizzando un percorso “progressive”, nel quale al termine di ogni tappa c’è un superamento dello stato precedente.